“Evangelium Vitae”, potente enciclica sociale. A cura di Pino Morandini

di Pino Morandini

Non è un caso che l’ ”Evangelium vitae” – che compirà 30 anni il prossimo 25 marzo –  sia stata pubblicata nel centesimo anniversario di un’Enciclica sociale consorella, la “Rerum novarum” di Leone XIII.

Consorella, perché entrambe accomunate da uno speciale afflato umano, al punto da indicare quale sia la questione sociale preminente per l’umanità nell’epoca della loro emanazione: per la Rerum novarum, la questione operaia, viste le condizioni disumane cui erano sottoposti nell’800 i lavoratori; per l’Evangelium vitae, la vita umana, in particolare le frontiere iniziale e terminale, particolarmente vilipese già allora e ancor più oggi.

Vale la pena riportare quanto scrive in proposito S. Giovanni Paolo II nella “lettera  personale a ciascun Confratello”(nella quale chiedeva collaborazione in vista della stesura dell’Enciclica): “Come un secolo fa a essere oppressa nei suoi fondamentali diritti era la classe operaia, e la Chiesa con grande coraggio ne prese le difese, proclamando i sacrosanti diritti della persona del lavoratore, così ora, quando un’altra categoria di persone è oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la Chiesa sente di dover dare voce con immutato coraggio a chi non ha voce… Ad essere calpestata nel diritto fondamentale alla vita è oggi una grande moltitudine di essere umani deboli e indifesi, come sono, in particolare, i bambini non ancora nati”(p. 5 E. V.).

Consorella, perché, nel mentre la Rerum novarum diede l’avvio ai movimenti cristiani nell’ambito sociale del mondo intero, l’Evangelium vitae impresse uno speciale impulso al popolo della vita, a partire dalla sua rappresentanza storica, il Movimento per la Vita, configurandosi quale testo assolutamente indispensabile per chiunque intenda promuovere la vita umana dal concepimento alla morte naturale.

Lo confermano il suo carattere organico, la sua completezza, la sua attualità, specie laddove svolge un’approfondita disamina dei valori della modernità, quali democrazia, libertà, eguaglianza, legalità.

Essa getta altresì una luce entusiasmante sui CAV e i MpV, definendoli “segni anticipatori della vittoria della vita sulla morte”, in tal modo illuminandoli sull’epocale missione cui sono chiamati e al contempo trasmettendo un rinnovato ardore per la vita.

Non solo.  Sa fondare e rendere esplicite le ragioni spirituali e materiali del servizio alla vita umana, nel nome di una sana laicità capace di trovare argomenti e ragioni per un dialogo fecondo con tutti.

E soprattutto delinea una precisa strategia affinché si affermi la cultura della vita, a partire dall’urgenza e dalla necessità di una “generale mobilitazione delle coscienze e di un comune sforzo etico” (p. 95).

A trent’anni dalla sua nascita, l’Enciclica si staglia ancor più nitidamente con la sua forza rinnovatrice e chiarificatrice, contenuta sin dall’inizio nell’accorato appello “…a tutti e a ciascuno … rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà vera, pace e felicità”.

Dispiace dover spesso constatare come sia stata e sia ancor poco letta, ma soprattutto vederla collocata da molti nell’alveo della morale sessuale e non invece sul terreno suo proprio, quello dei diritti umani e dei temi sociali, tra i quali si staglia la questione antropologica.

Siamo immensamente grati a S. Giovanni Paolo II per questo futuristico documento, e pure per l’affettuosa vicinanza al MpV, fatta di sprone e di incoraggiamento. “Continuate a essere luce nella società… non vi turbi la difficoltà del compito!”.

ChiediamoGli di aiutarci a far cadere il muro d’incomprensione che a tutt’oggi non facilita il dialogo per la vita, lui che ha fatto cadere il Muro di Berlino!

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